“Dante contro i dogmi e affascinato dall’Islam” dialogo con lo storico Luciano Canfora

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di Matteo Cavezzali

Luciano Canfora, storico, filologo e ordinario di Filologia greca e latina presso l’Università di Bari, inizierà il suo intervento sulla Divina Commedia intitolato “Dante e il ‘mondo senza gente’ ” a Dante2021 a Ravenna, dove il sommo poeta è sepolto, partendo dal canto XXVI il canto di Ulisse. «Lo maggior corno de la fiamma antica cominciò a crollarsi mormorando pur come quella cui vento affatica».

Come mai ha deciso di iniziare dal celeberrimo canto di Ulisse?

Il mio percorso di studio mi ha avvicinato principalmente a questo aspetto della scrittura di Dante. Inizialmente mi era stato proposto il titolo “Dante e l’Islam” che è un tema molto arato, io ho pensato di allargare il discorso parlando della modernità di Dante che si apre alle visioni del mondo non strettamente cattoliche e al rispetto della modernitas della scienza. Dunque un Dante moderno tutt’altro che bigotto e tentato da un forte razionalismo. Questo si connette con l’importantissima invenzione del limbo, dove ci sono dei non cristiani di altissimo livello che lui venera. Questo discorso si lega strettamente anche al rispetto che dimostra verso la cultura islamica che filtrava in occidente e in Italia dalla Spagna in cui era all’epoca molto diffusa, come noto.

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Il futuro del teatro Europeo: ne parla la nuova direttrice del festival di Santarcangelo Eva Neklyaeva

dialogo tra Matteo Cavezzali e Eva Neklyaeva

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Eva Neklyaeva in una foto di Miki Lindstrom

Cambia ancora volto il Festival internazionale di teatro di Santarcangelo. La nuova direttrice è infatti Eva Neklyaeva, bielorussa trapiantata ad Helsinki, 36 anni. La storica kermesse di contemporaneo nata negli anni ’70 e diventata simbolo di un certo modo di fare teatro fuori dai circuiti tradizionali è quindi di fronte a una nuova svolta. Il cda del festival è stato «persuaso dell’opportunità di raccogliere una nuova sfida, ponendo alla guida un operatore straniero, giovane, ma dalla grande esperienza internazionale». L’esperienza internazionale di Eva Neklyaeva in campo artistico, ma anche la sua storia personale – è figlia di Uladzimir Niakliaeu, poeta bielorusso, candidato alle elezioni presidenziali, perseguitato e imprigionato perla sua opposizione al governo di Aleksandr Lukashenko – ne fanno una figura esemplare del mondo globale di oggi. Arrivata in Finlandia nel2000, dalla Bielorussiaha imparato da subito cosa significhi doversi orientare in una realtà nuova. Il suo sguardo di outsider si è trasformato in un punto di forza nei suoi interventi sulla scena artistica finlandese.

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L’età del caos, l’ISIS e il declino dell’Occidente secondo Rampini

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dialogo tra Matteo Cavezzali e Federico Rampini

In questi giorni segnati dalla paura dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre sono in molti in Europa a chiedersi: “Cosa sta succedendo?”. Federico Rampini, giornalista e intellettuale cosmopolita aveva annunciato in qualche modo lo spaesamento odierno nel suo ultimo libro L’età del caos (Mondadori).

Nel suo libro si leggeva già ciò che sta succedendo in questi giorni: era prevedibile il tracollo della situazione in Medio Oriente e di conseguenza in Europa?
«In qualche modo il libro è stato profetico, è vero, anticipando gli eventi. Viviamo in una situazione di caos geopolitico che permea nella nostra quotidianità e che influenza non solo la politica, ma anche la vita di tutti i giorni, e questo era nell’aria da tempo».

Perché è così difficile comprendere ciò che è accaduto a Parigi?
«Non si capisce questo attacco se non inquadrandolo in una evoluzione secolare in cui l’Occidente ha perso la supremazia sul mondo. La consapevolezza di questo relativo indebolimento deve liberarci dall’idea che tutto ciò che accade nel mondo dipenda da noi, l’Occidente non ha più la bacchetta magica per risolvere a suo piacimento le crisi internazionali. Oggi viviamo in un mondo multi-polare dove né gli Usa né la Russia riescono più a far valere la propria posizione».

Osservando la storia si sono già verificate situazioni prive di egemonia, come si sono risolte?
«Tra la pace di Vestfalia del 1648, che pose fine alla cosiddetta guerra dei trent’anni, e il congresso di Vienna del 1815 la situazione era, sotto molti aspetti, simile a quella odierna. Si risolse con un equilibrio multiculturale senza egemonia che resistette abbastanza a lungo».

Siamo quindi in una fase di transizione o si sta già configurando un nuovo equilibrio?
«Siamo in una fase di transizione che segue la pax americana, ma è una fase destinata a durare molto a lungo perché nessuna nuova potenza, come la Cina o l’India, ha la forza per imporsi. D’altra parte una Pax cinese non sarebbe auspicabile perché è ancora uno stato autoritario, lo posso testimoniare bene perché ci ho vissuto molti anni».

La crisi in Siria interessa anche la Cina e l’India?
«Interessa moltissimo perché importano dal Medio Oriente il petrolio, contrariamente agli Usa che sono diventati autonomi. Però Cina e India non hanno ancora i muscoli per poter intervenire nel conflitto come potenze e far valere i loro interessi».

Quali aree geografiche sono da tenere monitorate per comprendere cosa sta succedendo?
«L’Iran, l’Arabia Saudita e la Turchia sono le nuove forze di questo equilibrio regionale attorno a cui gira ora l’equilibrio di quella zona del mondo».

La Turchia è una nazione che l’Europa ha sottovalutato?
«Ho seguito il G20 di Antalya. La Turchia stava per entrare in Europa stabilmente fino a pochi anni fa, ora pare in rotta di collisione su molti punti. Erdogan, era parso un leader innovatore ma si è dimostrato illiberale, autoritario e ha attaccato i diritti umani, in primo la libertà di stampa, ma soprattutto ha avuto una pericolosa deriva islamista. Però, che ci piaccia o no, abbiamo bisogno della Turchia».

In che modo la guerra in Siria influirà su questi equilibri?
«Influirà sugli equilibri e ne stabilirà di nuovi, ma quali? La situazione diventerà più stabile o più instabile? In Europa abbiamo molta esperienza di guerre. La Prima Guerra Mondiale sembrava che dovesse essere l’ultima guerra definitiva. Non è andata così…».

Viaggi letterari. 10 luoghi da visitare aprendo un libro dalla Birmania di Orwell alla Londra di Zadie Smith

di Matteo Cavezzali

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Viaggiare senza biglietto. Senza aver fatto la valigia, in cui manca sempre qualcosa. Senza aerei, né treni. Senza visto, e con il passaporto scaduto. Viaggiare con un budget da 8 a 20 euro, o anche gratis se avete una biblioteca vicino a casa, è possibile. Ad accompagnarvi non saranno i noiosi compagni dei viaggi organizzati, sempre sudati e pronti a fare battute di dubbio gusto lanciate a squarciagola in mezzo al pullman con l’aria condizionata troppo alta, non saranno nemmeno le guide pedanti che alla fine del tour vogliono accompagnarvi al negozio di souvenir di loro cugino, ma con voi ci saranno solamente alcuni tra i più interessanti scrittori del mondo. Ecco alcuni consigli su viaggi lowcost.

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“Guardate un uomo urina in piazza”. Di che cosa stiamo parlando. Il commento della direttrice del Festival di Santarcangelo

di Silvia Bottiroli, direttrice artistica del Festival Internazionale del Teatro in Piazza di Santracangelo di Romagna.

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Di che cosa stiamo parlando.

Su (untitled) (2000) di Tino Sehgal al Festival di Santarcangelo

La rappresentazione di (untitled) (2000) di Tino Sehgal nello spazio retrostante il Lavatoio durante Santarcangelo Festival Internazionale del Teatro in Piazza ha scatenato un “caso”, e una serie di commenti e proteste, che non avevamo immaginato, e ha portato il fatto sul piano nazionale, irrompendo anche nell’ambito politico in senso stretto con interrogazioni al Consiglio Comunale, alla Giunta Regionale e al ParlamentoIntervengo oggi, alla luce degli sviluppi di quello che non si può neanche dire un “dibattito”, per riaprire il discorso e mettere l’accento sulla questione artistica e cioè, sostanzialmente, per ricordarci di che cosa stiamo parlando.

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Intervista a Nicola Lagioia, Premio Strega 2015: «Sono schiavo dell’ossessione della scrittura»

Matteo Cavezzali dialoga con il Premio Strega Nicola Lagioia

Nicola Lagioia, Premio Strega 2015
Nicola Lagioia, Premio Strega 2015

Una pallida luna di tre quarti illuminava la statale alle due del mattino. La strada collegava la provincia di Taranto a Bari, e a quell’ora era di solito deserta. Correndo verso nord la carreggiata entrava e usciva da un asse immaginario, lasciandosi alle spalle uliveti e vitigni e brevi file di capannoni simili ad aviorimesse.  Si apre con questa immagine cupa di una Puglia in bianco e nero La ferocia di Nicola Lagioia, il libro che ieri sera ha vinto il Premio Strega 2015, il romanzo di cui si è parlato di più quest’anno nelle pagine culturali dei giornali italiani.

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Igiaba Scego: «In Italia vivono gli stereotipi del colonialismo»

Matteo Cavezzali dialoga con Igiaba Scego

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Foto di una ragazza somala in una foto di Andrea Semplici

A Lido Adriano si parlano molte lingue, e si scrivono molte lingue. Si scrive soprattutto in italiano, ma non è l’Italiano della televisione e nemmeno l’italiano del centro storico, è una lingua più ricca, perché contaminata da nuove parole che non esistono sul vocabolario. Parole italianizzate da dialetti e da lingue straniere. Per questo motivo non c’è un luogo migliore per ambientare “Scritture di frontiera”, una giornata che intreccia il percorso di Scrittura Festival con quello della Festa della Repubblica a Lido Adriano organizzata da anni al Cisim. Gli ospiti saranno Igiaba Scego e Tahar Lamri, che alle 18.30 converseranno di migrazioni, culture e letterature e alle 21 saranno Wu Ming 2 & Contradamerla a portare in scena Surgelati – Opera a 10 mani per scrittore e gruppo rock.

Igiaba Scego è nata in Italia da una famiglia somala ed è una delle intellettuali al centro del dibattito culturale europeo. I suoi articoli usciti su Internazionale sono stati tradotti dall’italiano in molte lingue e pubblicati su riviste di tutta Europa, il suo romanzo La mia casa è dove sono (Rizzoli) ha vinto il premio Mondello.

Spesso in Italia si tende a dare etichette e far recitare la parte, a lei è mai capitato di sentirsi costretta nel ruolo di “immigrata di seconda generazione”?

Non solo in Italia, anche fuori si tende a etichettare molto. Si tende a mettere nelle celle. L’ho visto fare soprattutto da chi studia gli scrittori. Spesso ci (io e i miei colleghi) veniamo definiti come “letteratura della migrazione”, quando invece siamo tutti,a prescindere dalle nostre origini di partenza, siamo letteratura italiana, scriviamo in italiano. Poi i nostri contenuti sono universali, ma la lingua in cui scrivi in qualche modo ti crea. L’etichettatura spesso diventa stereotipo, soprattutto In TV. Una volta mi hanno chiamato per chiedermi informazioni sulla guerra libica Libia e io ho risposto “non sono libica e non sono competente sull’argomento specifico che mi avete chiesto” e loro hanno insistito, “Va bene, rispondi, tanto è uguale”. Non è però tragedia. Gli stereotipi esistono per tutti non solo con i migranti. Io cerco di far emergere la mia personalità attraverso la scrittura. I libri e le parole si etichettano più difficilmente. Quando mi vedono in strada molti non vedono me, ma “uno straniero” ovvero “un problema”, oppure una “donna nera” e quindi “una vittima”. Ho iniziato a scrivere proprio per questo motivo, per vincere gli stereotipi.

E sta funzionando?

Su dieci persone ne convinco una. Ma va bene così. Ciò che voglio è farmi conoscere e portare avanti le mie tematiche che sono la lotta alla disuguaglianza.

Il colonialismo in Italia è sempre stato un tema rimosso. Quasi nessuno pensa all’Italia come una nazione con un pesante passato coloniale. Credi sia una tematica che in questi anni si sta riscoprendo?

L’Italia non si è mai considerato un paese coloniale e razzista. Eppure ci sono state le leggi razziali nel 1938, le deportazioni degli ebrei, le guerre coloniali… Oggi sta riemergendo un certa ostilità verso l’altro o spesso apertamente il razzismo xenofobo. Questa è la diretta causa del mancato un ragionamento condiviso. Una cosa positiva sta accedendo negli ultimi tempi con questa generazione, anche se siamo tutti figli delle opere dello storico Angelo Del Boca che è stato il primo in Italia ad occuparsi di colonialismo. Oggi ci sono molti testi di giovanissime e giovanissimi autori su questo tema. In qualche modo questo rimosso sta tornando nel dibattito culturale.

Pensa che oggi questa rimozione del colonialismo abbia lasciato dei segni?

Gli stereotipi del periodo coloniale riemergono oggi in modo feroce. Il discorso sull’ “altro” sta scadendo verso la barbarie. Penso che la diffidenza e la paura dell’altro fomentata dai media non sia all’altezza del nostro periodo storico. C’è grande ignoranza sulla geografia, sulle tematiche della migrazione e anche sulle cifre. I migranti arrivati con le navi non sono così tanti rispetto alla percezione dell’opinione pubblica. Anche il mondo politico cavalca il razzismo o rimuove questa cosa. Le forze politiche e i movimenti che dovrebbero occuparsi di questa battaglie non ne parlano per paura di perdere consenso. La legge per la cittadinanza è scomparsa dalla discussione pubblica. Molti scrittori e filmmaker stanno creando un piccolo movimento per combattere questa ignoranza. Piccolo ma decisivo. Questo è un buon segnale, perché dieci anni fa non vedevo questo interesse nemmeno in campo culturale.

Sei Italina e scrivi in italiano, ma nei tuoi testi trapela la storia della tua famiglia. Che rapporto hai con le tue origini?

In realtà sono afroitaliana. Porto entrambe le mie culture sulle spalle. Io sono sia Somalia, sia Italia. La mia storia, e quindi quella della mia famiglia, sono per me un punto di partenza importante. Chi scrive inizia sempre da sé stesso e dalla sua storia. Scrivendo si capisce che anche gli altri hanno cose in comune con te. La Somalia ha avuto la guerra peggiore del mondo. Quello che mi ha sempre colpito è che quando ero piccola noi vivevamo in casa quella tragedia immane e io pensavo che quello che stava accadendo in Somalia in quel momento poteva succedere poteva succedere a tutti. Mi interessava capire come un paese può essere ucciso a tavolino, senza che nessuno faccia nulla. Nemmeno l’Italia.

L’Italia ha un forte legame con la Somalia…

L’Italia, è questo è molto inquietante, di fatto non ha mai perso la sua colonia. Di fatto la Somalia non ha avuto la possibilità di essere libera. La Somalia è stata amministrazione fiduciaria italiana fino al 1960, ma la sua influenza è durata fino all’epoca di Craxi. E poi con la scoppio della guerra i traffici. Basti pensare alla brava e coraggiosa Ilaria Alpi che è stata uccisa in Somalia perchè aveva scoperto il traffico internazionale di rifiuti. Ma quello che è accaduto in Somalia credo sia importante per chiunque. Capire la guerra somala è capire tutte le guerre del mondo. Nel mio nuovo romanzo, in uscita a Settembre per

Andrea De Carlo. «I miei romanzi sono torte mille foglie»

Dialogo tra Matteo Cavezzali e Andrea De Carlo

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Andrea De Carlo

«Vivrei solo negli stadi intermedi, se potessi, senza punti di partenza e di arrivo o scopi da raggiungere; me ne starei immerso in un continuo traballamento provvisorio riparato dal mondo, con pensieri circolanti non focalizzati, in attesa di niente. (O in attesa di tutto: cambiamenti e trasformazioni e aperture di nuovi orizzonti sorprendenti da un secondo all’altro.)» scriveva Andrea De Carlo in Uto (Bompiani). Era il 1995, nel frattempo, “in questo continuo traballamento” che è la vita ha scritto molti libri, canzoni, sceneggiature e non solo. Venerdì 22 maggio alle 21 sarà ospite di Scrittura Festival a Ravenna sul palco di Piazza dell’Unità d’Italia. Ecco chi è oggi Andrea De Carlo.

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Contro i poeti autoproclamati e i tuttologi

di Emanuele Palli
Organizzano noiosi convegni e dotte escursioni, gite poetiche e romitaggi
magnetici, scrivono libri superflui e li presentano ovunque esistano forme
di vita non intelligente, inventano costosi concorsi e dalle premiazioni
importanti tornano a casa plurimedagliati con più distintivi e stemmi sulla
giacca di un generalissimo eroe di guerra, avvinghiano i loro talenti al
servizio di ogni micro- o macro-evento culturale: a questi equilibristi
tra l’essere e l’apparire l’arte della parola consente di improvvisarsi
maestri di scrittura creativa per schiere di ebeti e inibiti allievi o
per ammaestrare pubblicamente alle altezze della poesia platee di ignari
analfabeti;

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Quelle strane e-mail – un racconto di Eraldo Baldini

Eraldo Baldini
Eraldo Baldini

L’ho anche segnalato sulla mia pagina Facebook, lamentandomene. Sto parlando delle e-mail pubblicitarie, insistenti, che da un po’ di tempo ricevo in quantità industriali. Offerte generose, altre astruse, alcune imbarazzanti. Come quella che per una settimana consecutiva mi invitava ad iscrivermi a una scuola di danza classica. «Non sprecare il tuo talento!» raccomandava. Sono stagionato e sovrappeso, ho la grazia di un facocero con la ritenzione idrica, non ho mai ballato in vita mia: come hanno dedotto che avrei un talento per la danza classica? Chi ha fornito loro un’informazione così tendenziosa e fasulla?

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